Quando gli elefanti volavano

Vietnam, 1968. Per punire gli abitanti di un villaggio di montagna che appoggiano gli americani nel controllo della famosa "strada" di Ho Chi Min, i vietcong uccidono l'unico elefante utilizzato per celebrare una tradizione religiosa. Il capitano Sam Cahill, amico del capo del villaggio, promette di portarne un altro, prima di tornare in patria, ma deve convincere, e non è facile, il capitano T.C. Doyle, che lo deve rilevare. Ai due ufficiali si aggregano l'artigliere Harvey Ashford, a sette giorni dal congedo; Lawrence Farley, un contadinotto, e David Poole, un traffichino del servizio richieste, che procura l'aereo per la prima parte del viaggio. L'elefantessa prescelta è Bo Tat, che vive in simbiosi col piccolo Linh, che ha perso nel conflitto vietnamita tutta la famiglia. L'elefantessa, addormentata con una supposta soporifera per bisonti, inizia ad agitarsi perché la dose è scarsa e costringe il pilota ad un atterraggio, per poi fuggire nella foresta. Recuperato il pachiderma, questi vien fatto salire su un camion, ma i vietcong hanno sentore della cosa e decidono di sabotare la missione. Rottosi il camion, il viaggio prosegue sul fiume con una chiatta che sfugge fortunosamente ad un attacco nemico, grazie gli amici artiglieri di Ashford che colpiscono l'imbarcazione usata dai vietcong. Dopo una notte in un tempio; Linh viene catturato dai comunisti, ma l'elefantessa, con in groppa Farley, cui Linh ha insegnato i rudimenti della guida, lo salva. A questo punto però il comando decide di fermare la missione: tuttavia, ormai tutti per uno, decidono di portare Bo Tat al villaggio, e ci riescono paracadutandola da un aereo requisito con l'astuzia e le false autorizzazioni di Poole. I vietcong li catturano: ma Ashford, impigliatosi col paracadute ed attardatosi, può sorprendere i nemici alle spalle e liberarli. La missione è compiuta e così Sam e Doyle possono finalmente fare il cambio delle consegne.