- Genere: Commedia
- Titolo originale: Rachel Getting Married
- Uscita: 2008
- Nazionalità: USA
- Durata: 116'
- Regista: Jonathan Demme
- Cast: Anne Hathaway, Anna Deavere Smith, Rosemarie DeWitt, Mather Zickel, Bill Irwin
Non in programmazione
Trama
Uscita dal centro di riabilitazione per partecipare al matrimonio della sorella maggiore, Kym travolge l'apparente pace familiare con la sua problematica esuberanza. Tra riunioni di tossicodipendenti anonimi, preparativi nuziali, incomprensioni e liti, affronterà il drammatico episodio che ha segnato la vita di tutta la famiglia. Lungi dall'essere solo l'assistente del diavolo che veste Prada, Anne Hathaway si era già confrontata con il genere drammatico e con un ruolo "al limite" e "fuori controllo" nell'indipendente Havoc. Curiosamente, sebbene non ci siano legami se non qualche coincidenza nella carriera dei registi, il film di Barbara Kopple sembra costituire una premessa all'opera cinematografica di Jonathan Demme. Se la giovane attrice incarnava una generazione viziata e annoiata nella Los Angeles bene, in Rachel Getting Married ne subisce le conseguenze, drammaticamente legate a un evento che pesa sulle sue spalle come un macigno. Kym è una ragazza interrotta che per anni ha vissuto segregata nei centri di recupero, dai quali è entrata e uscita ripetutamente. Per espiare la colpa si è costruita una gabbia nell'inferno della dipendenza. "Pulita" da nove mesi e decisa a rientrare in casa e riprendersi l'affetto della famiglia, si piazza al centro della scena, sotto le luci dei riflettori, noncurante del "momento" di Rachel. Tuttavia, di fronte all'ostilità della sorella, subisce poco alla volta un cambiamento e lascia che il tormento di una vita venga finalmente a galla. Figura negativa al limite della ripugnanza, Kym ottiene l'empatia dello spettatore solo nel momento in cui si apre al prossimo e a se stessa nel tentativo di lasciarsi alle spalle la colpa e condividerla. Nel trasporre sul grande schermo la sceneggiatura di Jenny Lumet, figlia del celebre Sidney, Demme sceglie la linea dell'onestà documentaristica come cifra stilistica e la compassione come strumento per avvicinarsi alla storia di Kym. Macchina da presa alla mano, segue la protagonista con uno sguardo paterno, nel presumibile tentativo di proteggerla dal suo dramma personale e lungo il sofferto percorso, senza mai spettacolarizzare il dolore e senza renderlo fine a se stesso. I momenti estremamente intensi e infausti sono alleggeriti da episodi ilari e domestici (la gara tra suocero e genero su chi dei due carichi in minor tempo la lavastoviglie) in nome dell'autenticità. Il realismo narrativo e registico si estende agli oltre dieci minuti di scene dal matrimonio finali - dove si alternano promesse d'amore "rubate" a Neil Young, canti e danze - talmente estenuanti da rendere lo spettatore partecipe dei festeggiamenti, lasciando una sensazione di saturazione e dolce ubriachezza.
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