E poi l'uomo creò il cane

  • Genere: Natura
  • Uscita: 2014
  • Nazionalità: Stati Uniti
  • Durata: 120'

Non in programmazione

Trama

È un pomeriggio di febbraio insolitamente mite per New York, ma la hall dell’Hotel Pennsylvania è affollata di pellicce. Appartengono ai partecipanti del raduno di cani più esclusivo del mondo, che si tiene ogni anno alla vigilia della mostra canina del Westminster Kennel Club. Domani i più grandi campioni Usa di 173 razze diverse si contenderanno il podio del Madison Square Garden, proprio di fronte all’hotel. L’incontro di oggi, invece, è più che altro uno scambio di saluti a quattro zampe mentre i padroni sono in fila alla reception. Un basset hound punta l’occhio sonnacchioso su un terrier su di giri oltre un carrello portabagagli; una coppia di muscolosi Rhodesian ridgeback dai guinzagli gemelli si ferma a salutare un vaporoso pastore dei Pirenei; davanti alla boutique dell’albergo un mastino tibetano fa naso naso con un carlino. Ed è proprio la gran varietà presente nella hall dell’albergo, la sconcertante differenza di taglie, forme di orecchie, lunghezze di nasi, ciò che rende gli appassionati di cani irriducibili paladini di una razza rispetto ad altre. Attraverso un’evoluzione artificiale frutto sia di ragioni pratiche sia di capriccio, il miglior amico dell’uomo è diventato l’animale più diversificato del pianeta; un’impresa sbalorditiva se si considera che la maggior parte delle attuali 350-400 razze canine esiste al massimo da un paio di secoli. Gli allevatori hanno modificato il processo evolutivo combinando i tratti più disparati attraverso l’accoppiamento di cani con caratteristiche diverse e poi selezionando come riproduttori i discendenti degli accoppiamenti che presentavano i tratti desiderati in forma più marcata. Ad esempio, per creare un cane in grado di stanare i tassi, pare che fra il Settecento e l’Ottocento alcuni cacciatori tedeschi abbiano fatto accoppiare dei segugi (probabilmente bassett, cani di origine francese) con dei terrier: è nata così una nuova variazione sul tema del cane con arti brevi e tronco affusolato per cacciare la preda nella tana: il bassotto, o Dachshund, che in tedesco vuol dire appunto “cane da tasso”. La pelle elastica costituiva un meccanismo di difesa, permettendo al cane di sopportare morsi di denti aguzzi senza grossi danni, mentre la coda lunga e robusta serviva al cacciatore per tirare fuori il cane infilato in una tana con il tasso fra le fauci. Gli allevatori non pensavano certo che creando questi nuovi cani intervenivano anche sui geni che determinano l’anatomia canina. Per la scienza era ovvio che la diversità morfologica dei cani celasse un’equivalente ricchezza di variabilità genetica. Ma il recente moltiplicarsi di studi sul genoma canino ha portato a una conclusione sorprendente e del tutto opposta: la ricca varietà di forme, colori e taglie canine deriva perlopiù da cambiamenti in un numero esiguo di regioni geniche. La differenza fra il corpo piccolo del bassotto e quello massiccio del rottweiler è determinata da una mutazione nella sequenza di un singolo gene; così come un solo altro gene determina la differenza fra le zampe tozze del bassotto (la cosiddetta condrodisplasia) e quelle slanciate del levriero. Lo stesso si può dire per tutte le razze e per la maggior parte dei tratti fisici che le caratterizzano. Per il progetto di ricerca CanMap, che nasce da una collaborazione fra Cornell University, Ucla e National Institutes of Health , sono stati campionati i Dna di oltre 900 cani di 80 razze diverse oltre a quelli di canidi selvatici come lupi e coyote. I ricercatori del progetto hanno scoperto che taglia, lunghezza del pelo, tipo di mantello, forma del tartufo, posizione delle orecchie, colore del mantello e gli altri tratti che definiscono l’aspetto di una razza sono determinati da appena una cinquantina di mutazioni genetiche.

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